La salina industriale: politica dei Monopoli e dismissione

Giuliano Farneti

La chiusura delle saline piccole, di quelle che loro chiamavano i rami secchi veniva avanti già dagli anni ’70, già dagli inizi degli anni ’70: il programma dei Monopoli di Stato era quello di chiudere le saline piccole, quindi Cervia, Comacchio… Vabbè Lungro era già stata chiusa, era salina di miniera; Tarquinia, poi Cagliari approfittando che c’era stato l’inquinamento per uno sfondamento delle fogne della città di Cagliari. Insomma, volevano chiudere tutte queste saline per lasciare la produzione concentrata nella salina di Margherita di Savoia, anche perché poi doveva essere nelle loro intenzioni doveva essere venduta a una società privata e così poi è stato negli anni 2000 quando hanno chiuso, hanno privatizzato il settore salina dai monopoli, c’era rimasto solo Margherita di Savoia che è passata ai privati.

[…] Il direttore generale dei Monopoli di Stato prendeva ordini, o comunque seguiva le disposizioni del ministro delle finanze, perché facevamo parte del Ministero delle Finanze, quindi cambiando Ministro delle Finanze cambiano anche un pò le politiche del ministero e cambiano poi anche le politiche dei Monopoli di Stato. Anni ’60, anni ’50-’60, i primi anni ’70 vennero trasformate tutte le saline del monopolio, vennero industrializzate a partire da quelle di Margherita di Savoia negli anni ’50, poi Cervia negli anni ’60, Cagliari… Addirittura venne costruita ex novo una salina a Sant’Antioco da due milioni di quintali di sale all’anno. Tutto questo fino a metà degli anni ’70; poi da metà degli anni ’70 in poi la situazione si capovolse: si mirò a chiudere tutti gli stabilimenti più piccoli perché ritenuti non produttivi e si parlava già di privatizzazione, già dagli anni ’70. E questo secondo me è stato anche molto influenzato dalla politica dei ministeri, dei ministri che si sono succeduti poi dagli anni ’80 in poi. Abbiamo adesso anche documentazioni, interviste rilasciate dal ministro Reviglio prima, dal ministro Formica poi, che davano ormai per spacciate le piccole saline perchè appunto, perché improduttive e quindi già nel loro disegno c’era quello di concentrare la produzione dei Monopoli di Stato in un’unica grande salina che era quella di Margherita di Savoia.

[…] Poi questa politica è stata portata avanti poi anche dai governi successivi finché poi è arrivato il momento in cui a fine anni ’90 c’è stata la privatizzazione vera e propria dei monopoli, questo per me è stato… oddio, è vero che il sale non andava più come prodotto, non era più il prodotto importante come lo era agli inizi del ‘900, perché con l’intervento delle nuove tecnologie, di frigoriferi ecc., il sale non era più indispensabile per mantenere i prodotti alimentari, non veniva più utilizzato tanto neanche nell’industria alimentare, quindi il grosso della produzione veniva destinato all’industria, industria che comunque richiedeva ancora sale

[…], però non era più appunto… la vendita del sale si dimezzò rispetto a quella che era, che poteva essere negli anni ’60. […] Questo anche a causa di una legge che fu fatta se non sbaglio nel 1973 sulla liberalizzazione del commercio del sale, cioè chiunque in Italia poteva non produrre ma poteva comprare, lavorare e rivendere il sale. Quindi al Monopolio rimase l’onere e la parte più onerosa: la produzione del sale, che era quella più onerosa, più costosa e più rischiosa. Il privato veniva a prendere il sale nelle saline e lo lavorava, lo insaccava, lo confezionava e lo commercializzava. E questo portò un grave danno all’economia dei Monopoli di Stato

[…]. Questa fu la causa principale che poi alla fine portò alla chiusura delle saline: mancanza di vendita, quindi era inutile produrre 5, 6, 7 milioni di quintali di sale se poi se ne vendevano soltanto due.

 

(I brani sono estratti  da interviste condotte da Maria Antonietta Alessandri)