Cominciò tutto così...

…mi ricordo la prima volta che sono andata alle saline, me lo ricordo particolarmente perché quando sono arrivata ero scalza naturalmente, perché assolutamente bisognava essere scalzi, io mi ricordo che cominciai a correre e a correre perché mi bruciavano li piedi e difatti ero caduta il giorno prima e avevo fatto una ferita e questa a contatto con il sale… e quindi cominciai a piangere e il mio babbo mi disse che assolutamente era una cosa… (e quindi cominciai così)…

Cominciai a correre

Mia mamma era cavatora

Quando ero piccola, i miei genitori, mio babbo mi portava nelle saline, mi portava nelle saline perché lui era talmente innamorato, aveva questa passione incredibile del suo lavoro, tant’è vero che parlava sempre… Quando eravamo a pranzo il discorso era sempre che aveva fatto del sale, che era un sale bello, bianco… c’era quasi una gara no, perché credo che venissero premiati i salinai che producevano il sale; e quindi lui era proprio innamorato e ci voleva coinvolgere… e la mamma, mia mamma lavorava in casa, poi anche avevamo un appezzamento di terra, così… però lavorava anche nelle saline, quindi praticamente attivissima e mia mamma era cavatora, come diciamo, sì, toglieva il sale e così… e quindi anch’io andavo con lei…

ê ghêvar...

…il mio babbo mi faceva lavorare in salina; allora, mi dava una specie di pala no, lunga, penso si chiama ê ghêvar, adesso lo dico come, questa pala lunga, questa asta collegata ad una specie di pala serviva per far sì di portare il sale superficialmente proprio nella parte estrema e lui diceva che ero brava,che avevo una mano molto delicata e che riuscivo a portare il sale nell’altra estremità senza raccogliere delle impurità, perché c’erano delle impurità nel sale, quindi per me questa era una gioia, ero piccola eh, potevo avere sei sette anni, quindi mi ricordo questo particolare del… delle saline.”

Il gavaro (ghèvar) è un attrezzo formato da un’assicella di varie dimensioni, con un lungo manico costituito da una lunga asse di legno fissata al centro perpendicolarmente.

Serviva a smuovere il sale nei bacini salanti, al livellamento e all’accumulo del sale, che veniva spinto sotto gli arginelli. Vi sono diversi tipi di gavaro:

1. il gavaro più sottile (e ghèvar da dèzocrosta) è un regolo di legno, posto trasversalmente su una lunga asta, utilizzato per “rompere la crosta di sale”;

2. il gavaro medio (e ghèvar da smovar) viene utilizzato per impedire la formazione di lastroni di sale, per “smuovere il sale”;

3.il gavaro di maggiori dimensioni (e ghèvar da spenzar) è utilizzato per “spingere” il sale e per accumularlo lungo gli arginelli dei bacini salanti e consentirne in tal modo la raccolta.

Io ero bambina

…io ero bambina, andavo a portare da mangiare a mezzogiorno al nonno alle saline che aveva le saline dove si va per andare alla Terme, dove cioè il casello oltre la Madonna del Pino ma nella valle delle saline… con strade sterrate….”

“…Con strade sterrate e con gli zoccoli ai piedi, non c’erano le scarpe da tennis! E ho cominciato a lavorare… ero una bambina, una bambina, sui non so… quando portavo da mangiare ai nonni potevo avere otto, nove anni e facevo tutta quella strada…”

“Il babbo mi faceva “dare giù crosta” come si diceva allora, si prendeva l’arnese e si andava a muovere l’acqua nei bacini perché altrimenti faceva la crosta e invece loro dovevano prendere il sole… e poi niente, se c’era da forare un buco lì vicino me lo faceva fare perché scorresse l’acqua, sì quelle lì erano cose da bambini…

“…e in più andavo ad aiutare la nonna Giovannina dalla parte di mia mamma che aveva i bagni alla spiaggia, che allora si portavano su i mosconi, si mettevano giù le cabine, si portavano via le cabine per l’anno dopo e tutto quanto… e tutte le sere andavo a aiutare mio zio, il fratello di mia mamma a portare su i remi, gli sdrai, gli ombrelloni, le tende che si piantavano con i tappi di legno e si spostavano quando, dove c’era il sole…

Prendere Passione

Poi dopo ho cominciato a prendere molta passione e mi sono presentata di nascosto a mio babbo, mi ero preparata per andare a levare il sale di nascosto da lui. Andai dalla cavatrice a Pinarella, andai a dire con una, perchè erano due le cavatrici, con una di loro “State a casa perché una parte la leviamo…”, “Ma come se tuo babbo sta poco bene?”, “Be’ insomma ci sono io, il babbo mi aiuterà di quello che può fare”. E difatti ho preso passione che ho sempre piano piano ho cominciato a levare il sale e tutta la mia parte… ero molto stanca, venivo a casa stanca perché avevo un altro lavoro a casa e un po’ la mamma andava a lavorare dalle suore, c’era la casa da pulire, una cosa e un’altra insomma…

La sfida in salina

La salina, oltre ad essere luogo di lavoro, era anche territorio di caccia e di pesca; queste attività portavano ad una maggiore frequenza della salina da parte dei figli maschi che venivano iniziati ben presto a tutte le attività svolte dagli uomini. Sebbene questo fosse il comportamento più diffuso non mancavano occasioni nelle quali anche le bambine venivano portate in salina. Infatti, oltre che un ambiente e un luogo specifico, le saline attive a Cervia fino alla fine degli anni Cinquanta del secolo scorso, erano anche delle unità produttive di tipo artigianale: il Monopolio Statale ne affidava la conduzione ad un salinaro il quale adoperava tutte le forze che aveva a sua disposizione, in primo luogo quelle all’interno della famiglia, per condurre tale lavoro nel modo più proficuo possibile. Maria Pia Alessi era figlia di salinaro, il nonno Valerio era salinaro e la nonna Giovannina cavatrice. Per lei, come per tante altre bambine di Cervia, la socializzazione al ruolo femminile agisce precocemente: neppure la sua condizione infantile è sufficiente a tutelarla dalla fatica, aggravata dal doversi dividere fra compiti in salina e il lavoro nei bagni al mare, entrambi trasmessi per generazioni e incorporati per genere. All’età di otto anni inizia a frequentare la salina per portare da mangiare al nonno, ma, diversamente da sua madre, che “ ha lavorato dalle suore e in più faceva la cuoca ai suoi fratelli…”, per Maria Pia diventare donna significherà una sfida in più: dimostrare di poter condurre una salina!

MA: E senti Maria Pia, quindi tu in pratica un bel giorno, dopo aver preso passione…

MPA: Mi son presentata alla notte, mio babbo m’ ha corso dietro per le saline m’ha corso dietro “Ma tu cosa fai a quest’ora?”, “Babbo son venuta a cavare il sale”, “Cosa?

E la cavatrice dov’è? “, allora, adesso non mi ricordo il nome, sono andata a dire che una parte la leviamo noi e lui “Puretta mè”, in dialetto me l’ha detto, “Puretta mè, quest’anno dovrò lavorare più degli altri anni che sto poco bene”, “Babbo vedrai…” mi ero impegnata proprio intestardita “Babbo vedrai che sarai contento! Babbo vedrai che sarai contento”.

Era una fatica tremenda però ce l’ho messa tutta, il carattere duro proprio orgoglioso di poter arrivare fino alla fine, sotto la pioggia, con dei scivoloni come mai… però ce l’ho fatta e sono andata avanti finché lui s’è ammalato”

MA: Cosa succede a un certo momento a tuo babbo che non può più mandare avanti la salina?

MPA: E’ successo che ha resistito finché ha potuto e poi perché era malato è dovuto essere ricoverato a Forlì alla Villa Igea però non è stato operato lì, o sì, non mi ricordo, è passato tanto tempo…

Ad ogni modo la Direzione delle Saline, dove c’erano gli impiegati, dove c’era il Direttore, sono andata a chiedere se mi mandavano un sostituto, me l’hanno negato che non avevano operai da mandarmi.

Dopo mi mandarono a forza di dire e fare Dario Giunchi, il figlio di un casellante ma lui c’è stato quindici giorni e poi dopo il suo turno è stato finito ho mandato avanti io la salina, io e l’altra metà il cavatore, uno per uno, abbiamo fatto tanto sale che lì nella fotografia quella che c’è e m’hanno premiato per il sale, non perché era bianco perché ero una bambina, una ragazzina diciamo, ce l’ho messa tutta, l’orgoglio, l’orgoglio di fare, di stare pari agli altri.

MA: E la Direzione delle Saline cosa voleva fare quando ha visto che…?

MPA: Voleva affondare le saline. E che cosa si mangiava dopo? Aria di finestra! Ė per quello che ho insistito!

La fatica delle donne

L’iniziativa di Maria Pia Alessi può sembrare ai nostri occhi singolare e unico per il contesto storico e sociale in cui avviene. In realtà è in linea con le condotte delle donne evidenziate dagli studi sociali che hanno dimostrato come le donne si siano ripetutamente fatte carico del mantenimento della famiglia in momenti di disoccupazione o in assenza del capofamiglia. Quanto appena detto non deve essere posto in contraddizione con il principio generale che governava la presenza delle donne nel lavoro, e dunque anche nel mondo produttivo della salina artigianale: la separazione dei ruoli su base sessuale, una separazione che ricalcava quella nella sfera familiare e che non consentiva alla donna di accedere al ruolo di salinara, ma poteva essere impiegata unicamente nel ruolo di cavatrice in uno status economico nettamente inferiore rispetto a quello maschile e in una condizione di dipendenza da quest’ultimo. Maria Pia continuerà a lavorare con il padre fino alla chiusura delle saline e nonostante tutte le traversie nella sua vita familiare e lavorativa ancora oggi continua a parlare del lavoro in salina come un lavoro che amava, del «sale che fioriva» come una creazione del lavoro delle sue mani.

crediti

Sceneggiatura ed elaborazione testi a cura di Francesco Zanotelli e Marta Moschetti (Centro Ricerche EtnoAntropologiche).

Elaborazione grafica assemblaggio, effetti, montaggio longform a cura di  Claudio Maria Larario e Ayzoh.org

Video: regia, riprese e montaggio, Francesco Bogani  (Centro Ricerche EtnoAntropologiche).

Basato sul testo “Donne di sale, di fatica e di resistenza” di Maria Antonietta Alessandri.

Gli inserti video e le citazioni sono estratti dalle interviste condotte da Maria Antonietta Alessandri (Unità Operativa Memoria Urbana – Comune di Cervia).

Giovanna Campana è l’autrice della mappa visibile tra la sezione 4 e 5 (acquarello), l’uso dell’immagine è stato gentilmente concesso a Maria Antonietta Alessandri dalla direttrice di MUSA Annalisa Canali (Comune di Cervia).