La salina industriale: i vecchi salinari e il nuovo contesto

Giuliano Farneti

Nel reparto salina c’era stato qualcosa che non aveva funzionato negli ultimi anni, perché già nel ’77 non si è prodotto sale, però già nel ’76 il sale prodotto era molto saloccoso, se per saloccoso noi intendiamo un sale fine; perché mi ricordo che la macchina raccoglitrice, i tubi che fanno avanzare la macchina raccoglitrice mi ricordo che erano impantanati in questo sale bagnato, umido, farinoso… noi dicevamo che la macchina si impanciava, praticamente non riusciva più ad andare avanti.

[…] La direzione locale e la direzione generale che praticamente… perché erano interessati un po’ alla faccenda inizialmente diedero la colpa all’acqua del mare, l’acqua del mare che era inquinata, diedero la colpa ai depuratori della costa, depuratori di Cervia che non facevano un lavoro completo sulla depurazione delle acque…

[…] Intuì che c’era qualcos’altro che non andava, non era solo questione dell’acqua di mare. I primi tempi mi limitai a guardare, a controllare, a seguire quello che facevano i vecchi salinari, perchè il reparto saline era appunto formato soprattutto dai vecchi salinari, gente che era prossima alla pensione; poi c’era un gruppetto di giovani che erano entrati nell’ultimo concorso del 1976, che avevano solo allora, avevano solo voglia di imparare, diciamo così ecco.

[…] Il problema principale era convincere i vecchi salinari a utilizzare acque fresche di annata e non più le acque accumulate negli anni precedenti, perché cosa succedeva, che nella mentalità dei vecchi salinari tutto ciò che aveva una densità superiore ai 10 gradi era acqua salata, che poteva produrre sale; e quindi mescolavano l’acqua vergine, l’acqua cioè di annata dal mare con le acque di scolmatura, che tante volte erano già inquinate per conto loro e comunque erano acque che avevano già depositato il sale e che non erano più utili per la salinazione.

[…] Perché si era sempre fatto così e quindi perché modificare le cose? Anche il fatto stesso di mettere il sale, la salina con spessori bassissimi di acqua sulla crosta del sale, si lavorava con 3-4 cm di acqua sulla crosta del sale, è un esempio lampante: nel pomeriggio quando si alzava il vento di scirocco che era abbastanza sostenuto questo vento spingeva l’acqua verso nord-ovest e lasciava scoperto la metà del bacino a sud-est; questo perché, proprio perché lo spessore dell’acqua era bassissimo. Poi si formavano appunto queste croste, queste croste saline che restavano così, sulla crosta del sale e non legando con i cristalli precedenti diventava tutta salocca. Poi ricordo che si, le stecche di legno legate con una corda che i salinari camminando sul bordo del bacino trascinavano queste stecche per abbattere la crosta, questa crosta salina insomma che era proprio, appena appena, galleggiava appena; tutto questo appunto dava la formazione di un sale che non era assolutamente di qualità.

[…] Poi col passare del tempo, soprattutto perché i giovani che erano nel reparto salinazione avevano un po’ capito il mio discorso, un po’ alla volta riuscimmo ad aumentare lo spessore dell’acqua nei bacini salanti

[…] Fin dall’inizio loro mi appoggiarono e cioè seguirono un po’ le mie disposizioni, quello che io cercavo di spiegare loro, perché bisognava fare in una certa maniera, loro fin dall’inizio mi seguirono e intuirono anche loro quello che poteva essere le cause dell’inquinamento. E poi anche per interesse personale perché non piaceva a nessuno andare a camminare in un bacino con una corda sulle spalle per tirare la stecca di legno in un bacino di 400 metri con i piedi scalzi e con un’acqua a 40 gradi di temperatura, insomma. Quindi anche per loro aumentando lo spessore di acqua sul sale voleva dire eliminare questo tipo di lavoro.

 

(I brani sono estratti  da interviste condotte da Maria Antonietta Alessandri)